Via il male oscuro dopo il parto non sei sola!

Autore: Adele Miriam Cirmi

| 13 Marzo, 2025

Diventare madri è un processo psicologico complesso, che può offrire l’opportunità di rivedere i propri legami infantili, rielaborando conflitti passati e prefigurando un nuovo assetto identitario maturo e integrato, ma può anche destrutturare una personalità fragile, esponendola al rischio di psicopatologie. Se la relazione con la propria madre è stata positiva, la donna in gravidanza può identificarsi con un’immagine di fertilità e protezione e contemporaneamente con se stessa da bambina, ricordando il bisogno di affetto che manifestava e la fiducia che sarebbe stato soddisfatto, riuscendo quindi a calarsi nel ruolo di madre e a comprendere i bisogni del figlio; invece se la relazione con la propria madre è stata conflittuale, la donna potrebbe ri-sperimentare con il proprio figlio la fusione dolorosa vissuta da bambina con la propria madre, sentendo di aver fallito nel suo processo di individuazione e riducendo la sua disponibilità ad occuparsi del figlio. Se non è sostenuta ed ha conflitti psicologici irrisolti, lo sforzo intenso di adattamento psicologico, fisiologico e sociale richiesto dalla maternità può esporla al rischio di quadri clinici, soprattutto depressivi, di diversa intensità e gravità.

Il primo e più lieve dei quadri clinici depressivi del post partum è il baby-blues o maternity blues, lieve disturbo emozionale transitorio di cui soffre più della metà delle donne occidentali e che insorge nei giorni immediatamente successivi al parto. Il “blues” è un momento di abbassamento dell’umore, con sensazione di stanchezza, di tristezza e di sfiducia, crisi di pianto, che si accentua intorno al quarto-quinto giorno dopo il parto, cioè in corrispondenza della montata lattea, dura alcune ore o giorni e poi si risolve spontaneamente. Qualora persiste e si aggrava, può strutturarsi in una vera e propria depressione post-partum e, in alcuni casi limite, diventare una psicosi puerperale. Il DSM riporta una specifica depressione ad esordio nel post-partum, con sintomi quali tono dell’umore depresso per la maggior parte del giorno, disturbi del sonno quali insonnia o ipersonnia, agitazione o rallentamento psicomotorio, senso di spossatezza conseguente a mancanza di energia, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi e inappropriati, netta riduzione della capacità di pensare, concentrarsi o prendere decisioni. La psicosi puerperale è invece il quadro depressivo post-partum più grave, poiché comporta una destrutturazione delle funzioni psichiche, una compromissione dell’esame di realtà e l’insorgenza di sintomi psicotici come deliri e allucinazioni. La depressione post-partum non è soltanto uno stato di disagio per la madre, ma si ripercuote anche sulla salute del bambino, con modalità ed esiti non prevedibili con precisione, in quanto la depressione stessa comporta una fluttuazione dell’umore materno e delle modalità di interazione con il bambino. Il quadro sintomatologico depressivo materno si riproduce nel figlio, che sperimenta una microdepressione, con ritardo psicomotorio, prevalenza di stati d’animo malinconici, inespressività facciale e posturale. A questo punto, Stern (1995) ha individuato 4 tipi di esperienza soggettiva del bambino con madre depressa:

  • Microdepressione: il bambino non riesce a coinvolgere la madre, quindi cerca di entrare in contatto con lei attraverso l’identificazione e l’imitazione. L’imitazione implica l’assunzione di espressioni e comportamenti simili a quelli osservati nella madre. Attraverso l’identificazione modella il suo stato d’animo su quello della madre, provando le stesse sensazioni di sofferenza, di perdita e di sfiducia.
  • Rianimazione della madre: il bambino che non riceve risposta dalla madre ai suoi inviti, attiva strategie che catturino la sua attenzione. Spesso, intensificando gli sforzi di coinvolgere la madre, il bambino ottiene una risposta.
  • Ricerca di auto-stimolazione: se il bambino non riceve risposta dalla madre, nonostante gli sforzi, desiste dal rianimarla e ripiega sulla ricerca di stimolazioni e di gratificazioni nell’ambiente esterno.
  • Falsa stimolazione: quando le madri si accorgono di non aver offerto stimoli al bambino, cercano di riparare, ricorrendo ad una stimolazione intensa e forzata, che risulta intrusiva e inappropriata. Tuttavia, essendo l’unica stimolazione disponibile, il bambino la accetta, accontentandosi. Si assiste, quindi, ad un’interazione forzata, dove la madre attua una falsa stimolazione e il bambino risponde con un falso sé compiaciuto, stando al gioco, pur di soddisfare il suo bisogno di interazione.

Conoscere la depressione post-partum ha ricadute applicative nell’ambito materno-infantile e più ampiamente sociale, poiché consente di promuovere progetti di sostegno alla genitorialità e all’infanzia e di prevenzione del malessere. Per offrire un sostegno alle donne a rischio di depressione post-partum oppure alle madri che hanno già sviluppato una sintomatologia depressiva, non è sufficiente l’intervento degli operatori che lavorano nei reparti di ostetricia e ginecologia. Sono strategici gli interventi preventivi, diversificati e specifici, che includono progetti educativi alla genitorialità e sullo sviluppo del bambino, supporto basato sull’ascolto attivo, interventi rivolti alla coppia per preparare i partner all’assunzione del ruolo genitoriale e alle eventuali difficoltà poste dall’accudimento e dallo sviluppo del bambino, infine sostegno individuale e home-visiting, cioè assistenza domiciliare alle neomadri. Non è facile avere dimestichezza con la psicologia perché è più difficile individuare il sanguinamento dell’anima rispetto a quello che sono invece le malattie fisiche, non è facile capire i sentimenti, le paure e la vulnerabilità psicologica delle nuove mamme. Spesso si pensa che è solo un momento ed invece è importante non sottovalutare nessun sintomo. È importante non lasciare sola la donna e permetterle di aprirsi senza giudicarla e senza minimizzare quello che sta provando in quel momento. Una donna che soffre di depressione post-partum ha bisogno di ritrovare la fiducia nelle proprie capacità di madre, di essere accolta, ascoltata, sostenuta e liberata dai sensi di colpa e di vergogna che questa sofferenza le ha provocato, minando profondamente la sua autostima e l’immagine di sé come donna e come madre. Le donne che soffrono di depressione post partum non sono cattive mamme, sono mamme in difficoltà che hanno bisogno di essere sostenute. Perciò chiedere aiuto per sé vuol dire occuparsi anche del proprio bambino. Fare un’autodiagnosi non è semplice: a volte il disagio è forte e evidente, mentre altre volte i sintomi sono più subdoli, magari al confine con una forte stanchezza che è abbastanza normale nei primi mesi. E’ importante fare attenzione a ciò che si sente, non minimizzare, sottovalutare o nascondere i propri sentimenti. È importante non esitare a richiedere un aiuto professionale.

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About the Author: Adele Miriam Cirmi

Dottoressa Adele Miriam Cirmi
Psicologa, iscritta all'albo degli Psicologi della regione Sicilia. Master in Psicopedagogia e didattica per i disturbi specifici dell’apprendimento. Percorso di formazione docenti, classe di concorso Filosofia e Scienze Umane. Socia e dipendente della Cooperativa Sociale ISKRA, operante nel servizio di Assistenza Domiciliare ai Minori e alle loro Famiglie e Operatrice del Centro Diurno "L' Isola che non c'è", presso il comune di Marsicovetere.