Autore: Claudia Cappelli
| 14 Giugno, 2024
Può un bambino provare solitudine fino a commettere un gesto innaturale come il suicidio? Si!
Per comprendere ciò è necessario tornare indietro ed indagare l’epidemiologia della depressione.
I disturbi dell’umore rappresentano una vasta gamma di variazioni dell’umore compresa fra il polo dell’eccitamento maniacale e il polo della depressione. Quest’ultima comincia con la disforia per poi giungere allo stato depressivo conclamato con la classica abulia, inattività, caratteropatia, noncuranza affettiva fino all’affievolirsi dell’istinto di conservazione con conseguenti idee o tentativi di suicidio.
La depressione in età evolutiva deve essere considerata in un contesto dinamico, sia al gioco di forze che si instaurano endo psichicamente tra le varie istanze della personalità e tra queste e la realtà esterna del processo adattivo, ma anche al succedersi di fasi di sviluppo dotate di caratteristiche proprie e inframmezzata da altre altrettante crisi evolutive, che segnano momenti particolarmente fragili nell’equilibrio psichico in via di sviluppo.
Per comprendere a pieno il comportamento suicidario in età evolutiva è opportuno considerare la formazione nel concetto di morte nel bambino.
Piaget sostiene che ad ogni tappa evolutiva si sviluppino varie forme di pensiero, cosi anche l’idea sulla caducità della vita ha un suo cammino.
1° Tappa: Assenza/Non esistenza
La cognizione di morte è speculare a quella di vita. Interrogarsi sul perché ad esempio un passerotto sia morto mentre si è vivi, significa cimentarsi su tale doppia possibilità. Verso la fine del primo anno di vita, nel corso dell’esperienza di separazione dalla madre, il bambino stabilisce dal punto di vista cognitivo ed affettivo l’equivalenza tra assenza/presenza come assenza/non esistenza.
Dunque la prima idea di morte è quella d’assenza.
2° Tappa: Assenza/Presenza
Il bambino scopre che se la madre sparisce è vero che ritorna .
Questa conoscenza aiuta l’essere umano a sperimentare i primi tentativi di controllo dell’angoscia.
3° Tappa: Presenza, angosce e paure
Il primo concetto di morte è reversibile = la morte interrompe le funzioni vitali, le sospende, tra i 2 e i 4 anni avviene una prima modifica di quanto avviene nelle fasi precedenti. Il bambino inizia ad avere paura di star male o stare al buio.
La morte viene vissuta a seguito di eventi angoscianti di rabbia o dolore.
Dopo i 3 anni, seppure continuando a presentare un’idea reversibile, si associa a quella di violenza.
A 9 anni l’idea di morte subisce un profondo cambiamento;
4° Tappa: L’irreversibilità
Da evento transitorio come ricattatorio, diventa universale, irreversibile. La morte come cessazione biologica non legata a sé.
La lentezza con cui si costruisce l’idea di morte nel bambino potrebbe essere la causa per cui le condotte suicidarie sono più frequenti in adolescenza piuttosto che nell’infanzia. Ciò che non è chiaro è se sia possibile individuare prima del danno irreversibile, il problema che affligge il bambino.
Ma viene da chiedersi: l’elevato tasso di morte nell’infanzia e nell’adolescenza è esclusivamente dovuto al suicidio o se derivato da cause esterne ad esso?
La difficoltà di classificare il suicidio infantile è anche complicata dal fatto che i bambini e i giovani adolescenti che commettono suicidio sono meno esposti a conoscere i fattori di rischio rispetto ad adolescenti più “grandi”.
Il suicidio del bambino è molto raro, seppur presente, in quanto questi è ancora dipendente dai suoi oggetti d’amore (i genitori) per ottenere la gratificazione e non essendo ancora compiuto il processo di identificazione-separazione definitiva volgere l’ostilità contro se stesso e il distruggere gli oggetti introiettati (i genitori) risulterebbe troppo doloroso e terribile.
Nell’adolescente, invece, il comportamento suicida è molto prevedibile quando sono presenti disordini psichiatrici nell’infanzia.
Lo psicanalista francese Ladame dice che non vi è nessun suicidio adolescenziale che non sia anche psicopatologico. Negli adolescenti al di sotto dei 16 anni, l’incidenza del suicidio è ancora molto bassa, ma vi è un’alta frequenza di minacce e di tentati suicidi. E’ infatti necessario per l’adolescente allentare i legami con le figure parentali per poter pensare alla morte, tra i 12 ed i 15 anni ciò non è ancora avvenuto compiutamente; questo distacco avviene sotto l’impulso della intensificata sessualità che si sviluppa fisiologicamente e che ha il potere di resuscitare la lotta edipica per una seconda e definitiva soluzione: il suicidio della pubertà rappresenta una acuta esplosione delle difficoltà edipiche presenti nel problema di castrazione evocato dalla fase transitoria omosessuale dell’adolescenza stessa.
Gli adolescenti sono spesso depressi ma sono altrettanto euforici (maniacali): a volte non è un meccanismo depressivo a far scattare la molla suicida, bensì una sorta di identificazione-proiettiva di tipo immaginativo correlato all’imitazione, sulla falsariga di comportamenti infantili maniacali: infatti il maniaco non si toglie la vita per morire ma per vivere in una fusione perfetta con l’ideale dell’io. Il suicidio dell’adolescente ci appare quindi come un comportamento di onnipotente regressione infantile operato nel tentativo di far fronte ad un conflitto edipico esplosivo che potrebbe implicare la perdita o la distruzione del l’oggetto investito narcisisticamente: la separazione che avviene con i genitori nell’adolescenza e che è provocata dal soggetto stesso nel tentativo di conquistare l’indipendenza per trovare la propria identità, può a volte subire una mortificazione narcisistica troppo forte per l’io adolescenziale estremamente inquieto, e sfociare nel suicidio.
Negli ultimi ventisette anni 374 bambini sotto i tredici anni sono convinti che la morte sia la soluzione ad ogni problema, e ogni anno tra i 30 e i 100 riuscirebbero a raggiungere il loro scopo.
Vista la natura stessa dei bambini, i quali vivono il presente, il gesto non risulta premeditato.
Cyrulnik ha affermato che i bambini fino ai sette anni sono convinti che la morte rappresenti un passaggio strano e reversibile. Infatti credono che si possa morire per raggiungere il nonno che vive “su una nuvoletta” e tornare sulla terra con lui.
Il modo migliore per evitare che i bambini mettano in atto propositi suicidi è garantire loro vicinanza e affetto. E’ la famiglia che deve rassicurare e coccolare il figlio, insegnandogli a gestire al meglio i suoi sentimenti.
Se il bambino si sentirà compreso e considerato, sentirà meno l’esigenza di mettersi in pericolo.
Altro elemento importante per il bambino è rappresentato dalla scuola, la quale deve agire di conseguenza al comportamento anomalo presentato dal bambino.
Non a caso per alcuni bambini la scuola può rappresentare uno scoglio quasi invalicabile. Si tratta di ragazzi provenienti da famiglie difficili e sofferenti di una qualche patologia.
Se la scuola li accetta e se trovano compagni che li facciano sentire speciali e utili, allora non correranno pericolo.
Se, invece, vengono abbandonati a loro stessi, anche in questo luogo, l’unica loro via d’uscita è la morte.
Vi sono vari fattori a rischio suicidario nei bambini e nei giovani adulti:
- Conflitti interpersonali familiari, in particolare tra genitori e figli
- Divorzio o un genitore acquisito
- Sembra che la famiglia, l’ambiente e i problemi di salute siano fortemente influenzati dalla pressione di condizioni economiche.
Le crisi economiche influenzano direttamente i sistemi di sanità nonché la disponibilità e l’accesso all’assistenza sanitaria e cure psichiatriche.
Tipi di metodo usati:
Vi sono vari metodi utilizzati per commettere l’atto di suicidio, i quali si differenziano in base al genere.
Per i maschi il metodo più frequente era rappresentato dall’impiccagione con una percentuale di ben 54%,a seguire le armi da fuoco 19%,saltare da un palazzo 12,7%,veleno 4,4% infine altri metodi 8,7%.
Per le femmine il metodo più frequente era rappresentato dal saltare da un palazzo 35%,seguito dall’impiccagione 24,6%,veleni 16,5%,armi da fuoco 15% infine altri metodi 8%.
Il suicidio per avvelenamento rappresenta il 10% delle morti per suicidio in bambini e adolescenti maschi nel ’71-’73 e negli stessi anni, fu il metodo più comune per il suicidio femminile rappresentato per il 43,4% di tutte le morti per suicidio.
Prevenzione:
Per poter prevenire il suicidio nella giovane età, è dunque necessario individuare il prima possibile eventuali segnali di disagio nel bambino, osservando il suo comportamento, il suo umore, il suo interesse per le attività che di norma dovrebbero recargli piacere e divertimento. Importante anche osservare l’atteggiamento del bambino verso i suoi coetanei e verso i suoi familiari.
Ruolo importante, infatti, viene assunto dalla famiglia, la quale deve garantire vicinanza e affetto, nonché il più completo conforto. Infine la scuola, ha il compito di aiutare il bambino in caso di difficoltà, individuare eventuali problemi e cercare di risolverli per evitare l’isolamento del bambino.
Non bisogna perciò sottovalutare il problema di disagi nella giovane età, come non bisogna pensare che un bambino non possa commettere un atto cosi estremo come il suicidio.
BIBLIOGRAFIA:
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S.Andrea, ”Suicidio infantile, dramma dimenticato”
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Kairi Kolves,”Child suicide,Family environment and economic crisis”
Claudia Ravaldi,” Depressione nell’infanzia e nell’adolescenza a rischio di suicidio”