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"Perché a me?" è una domanda che tutti, prima o poi, ci siamo posti. Una domanda che nasce quando il dolore, la frustrazione o la difficoltà sembrano invadere la nostra vita senza motivo, quando nulla sembra giustificare ciò che stiamo vivendo. È una domanda che scava nel profondo, mettendo in discussione non solo ciò che ci accade, ma anche il nostro posto nel mondo. In quei momenti, la sofferenza sembra sfuggire a ogni logica, a ogni spiegazione. Eppure, proprio in quella domanda, si nasconde la possibilità di una riflessione più profonda, capace di trasformare ciò che ci accade in qualcosa che va oltre la mera esperienza del dolore.
Il processo di costruzione della soggettività, fin dalla prima infanzia, si fonda su un centrale aspetto psicologico: l’autostima. Essa rappresenta la capacità del bambino di considerare il proprio Sé in maniera positiva e adeguata. L’autostima trae origine dalla percezione che il bambino ha di sé stesso, in una visione complessiva.
Parlare di se stessi non è mai facile, ma in questo caso raccontare la propria esperienza di vita ha un significato speciale, perché sì, la mia VITTORIA e la mia LIBERAZIONE possono aiutare altri a trovare la propria via d'uscita. Attraverso queste righe ripercorro la mia lotta, le mie paure, le mie sofferenze ma anche e soprattutto la mia rinascita e ritorno alla vita.
È ormai accertato che la depressione è una condizione di sofferenza emotiva abbastanza diffusa nei bambini, anche se troppo spesso ancora oggi i sintomi mentali, emotivi e comportamentali nei bambini sono sottovalutati o attribuiti superficialmente a problematiche transitorie dovute alla crescita. Spesso, la depressione in età evolutiva non viene riconosciuta anche a causa della diffusione di svariate credenze che portano a sottovalutare i sintomi di depressione durante l’infanzia o l’adolescenza.
Se un individuo nasce in un ambiente ostile, il neglet e altri maltrattamenti possono favorire una cascata di risposte allo stress che organizzano il cervello a sviluppare una traiettoria di sviluppo adattiva per il successo e la sopravvivenza e lo preparano a mobilitare risposte di attacco / fuga o a reagire aggressivamente alle sfide. Questo percorso oltre ad essere più dispendioso, è associato a un rischio maggiore di sviluppare disturbi medici o psichiatrici ed è disadattivo in un ambiente più favorevole.
Voglio dire a gran voce che c'è sempre una via d'uscita e che chiedere aiuto ed aprirsi con qualcuno non è affatto sinonimo di debolezza o vigliaccheria. Tutti possiamo attraversare queste fasi nella vita. Faccio un appello invitando tutti a denunciare anche questi pensieri di autolesionismo o di morte che possono attraversare la nostra mente. Non permettere che ti vengano tolte la gioia e la pienezza della vita in quanto esse sono anche un dono di Dio. Se condividiamo i pesi che abbiamo, permettiamo a chi ci è vicino di stendere la propria mano e venirci in soccorso.