Autore: Adele Miriam Cirmi
| 19 Febbraio, 2024
Avvertiamo tutti il bisogno di amare e di essere amati. Non sempre, però, tutto si svolge in modo così semplice e lineare.
A volte la persona che scegliamo ci imprigiona in un rapporto difficile da gestire, a volte siamo noi a impostare il rapporto su binari sbagliati, ma quasi sempre siamo guidati in questa scelta da un bagaglio di esperienze e convinzioni che ci indirizzano e ci condizionano molto più di quanto possiamo essere in grado di capire. Da qui nascono aspettative destinate ad essere deluse e scelte discutibili che altrimenti non troverebbero alcuna giustificazione logica.
A volte capita che non riusciamo a trovare la persona giusta, altre volte non siamo capaci di cercarla o abbiamo paura a metterci in gioco perché pensiamo di non saper fronteggiare un eventuale fallimento, quindi decidiamo di non rischiare.
Nonostante questo, però, non è detto che decidiamo di rinunciare completamente alle sensazioni più positive che il rapporto con un’altra persona ci può offrire. Allora cominciamo a cercare un’alternativa, un surrogato, o forse una realtà diversa che contempli solo i lati positivi evitando i problemi e le nubi che prima o poi si addensano, anche se solo momentaneamente, su ogni rapporto. È così che scegliamo una persona ideale, quella che risponde a tutte le nostre aspettative, che incarna tutti i nostri ideali, e la facciamo diventare un idolo. Posta sul piedistallo dove l’abbiamo collocata, questa figura è spesso una persona reale ma che ignora completamente il ruolo che le abbiamo assegnato, le caratteristiche che le attribuiamo (e che non necessariamente gli appartengono) e le aspettative che abbiamo formulato su lei.
L’amore in (esistente) è la ricerca di un sentimento ideale, di una persona eccezionale cui decidiamo di attribuire poteri e qualità fuori dalla norma affinché possa essere in grado di soddisfare le nostre aspettative.
Quando decidiamo che quella persona, e solo lei, è in grado di rappresentare la perfezione, di completarci, di appagare tutti i nostri desideri, la innalziamo a nostro idolo e possiamo creare una tale dipendenza da annullarci in lei; parliamo della cosiddetta “love addiction”.
Nel nostro quotidiano, siamo abituati a parlare di dipendenze riferendosi alle sostanze illegali. Negli ultimi anni invece si osserva un ampliamento del campo di utilizzo del termine dipendenza in riferimento a comportamenti, abitudini, situazioni legali delle quali non possiamo fare e meno e che non hanno alcuna connessione con l’assunzione di sostanze.
Si tratta di una dipendenza di tipo psicologico, che si ritiene essere più sfuggente rispetto alla dipendenza fisica, in quanto fa riferimento a meccanismi difficilmente evidenziabili, per cui il desiderio irrefrenabile di assumere una sostanza, come anche di trovarsi in una determinata situazione, di consumare qualcosa di non poter fare a meno di qualcuno, non è in relazione con le caratteristiche della sostanza stessa e con le conseguenze biochimiche dell’assunzione.
Per new addictions si intendono alcune nuove tipologie di dipendenze nelle quali non è implicato il coinvolgimento di sostanze chimiche, ma l’oggetto della dipendenza è un comportamento o un’attività lecita o socialmente accettata come lo shopping, il gioco d’azzardo, l’utilizzo di internet, il lavoro, il sesso, le relazioni sentimentali.
Le nuove dipendenze, o dipendenze sociali (senza sostanza), si manifestano nell’urgente necessità di dover praticare un’attività, di dover mettere in atto un comportamento per trovare immediata soddisfazione ad un bisogno. Per questo, anche se non vi è assunzione di sostanze chimiche, il quadro fenomenologico è molto simile e, anzi, sembra essere per certi versi ancora più subdolo di quello delle dipendenze da sostanza. Se da una parte vengono messi in atto comportamenti che producono le stesse conseguenze delle cosiddette tossico–dipendenze, ossia l’escalation, la tolleranza e l’astinenza (dimostrando come il meccanismo psicologico delle dipendenze sia sempre lo stesso), dall’altra le dipendenze senza sostanza hanno a che fare con comportamenti, abitudini, usi del tutto legittimi e socialmente incentivati, basti pensare al consumo e all’uso di tecnologie informatiche o al fatto di fare shopping.
Si parla infatti di <dipendenze sociali>, come sottolineano Lavanco e Croce (2008): perché non si collocano nella dimensione della trasgressione, del vietato, del disapprovato, ma nascono e si costruiscono nella quotidianità perdendo quindi sia la dimensione del lecito e dell’illecito e con essa più facilmente anche quella del limite, tra ciò che fa bene e ciò che fa male.
Un altro aspetto rilevante è che appare difficile trovare elementi visibili di emarginazione e di rischio sociale nelle persone coinvolte in questo tipo di problemi, quali segnali premonitori o indicatori di disagio, di sofferenza.
La possibilità di dipendenza sembra così una condizione di rischio sociale aperta ad ognuno di noi. Questo ci porta, quindi, a mettere in discussione anche molti degli elementi cardine legati alla prevenzione ed alla cura.
È infatti ancora possibile perseguire la logica dell’evitamento e dell’astinenza nel caso di questo tipo di dipendenze? Perché se è certo che si possa vivere senza droghe, non è certo pensabile che oggi si possa vivere senza comprare, senza internet e così via. Basti pensare all’uso massiccio della pubblicità nei mezzi di comunicazione che incentiva all’acquisto, al gioco, al consumo, e alla grande utilità di internet.
Le forme di dipendenza sociale si rivelano così a–sociali nelle conseguenze e nei costi dovuti alla progressiva chiusura individuale, alla ripetizione coatta dei comportamenti di addiction, alle conseguenze sui piani familiare e lavorativo ed alla perdita di capitale sociale e di senso ed investimento nella comunità.
Come evidenzia bene Steiner (1993) le dipendenze, comprese quelle sociali, diventano dei rifugi della mente, ovvero i luoghi mentali in cui ritirarsi quando si desidera sfuggire ad una realtà insostenibile perché angosciosa.
L’area delle nuove dipendenze rappresenta, quindi, un terreno di studio nel quale vengono a confluire aspetti di ordine sociale e culturale, insieme ad aspetti di ordine psicopatologico e clinico: un tentativo disfunzionale di dare risposta a specifici fattori evolutivi.
Per la maggior parte delle persone queste attività rappresentano parte integrante del normale svolgimento della vita quotidiana, ma per alcuni individui possono assumere caratteristiche patologiche, fino a provocare gravissime conseguenze. Negli ultimi anni si è assistito ad un’enorme diffusione di queste dipendenze comportamentali, tanto che la letteratura scientifica non ha potuto fare a meno di rivolgervi il proprio interesse.
Tra tutte le forme di dipendenza quella affettiva è di certo quella meno tangibile. L’oggetto della dipendenza non è un oggetto in senso letterale, è una relazione.
C’è una faccia scura della simbiosi. Un lato nero. Una voragine che inghiotte fino a farci sparire dentro chi si avventura. Si chiama annullamento. L’annullamento totale di sé nella relazione ha poi un fratello gemello e speculare. Il possesso, padre della gelosia morbosa. È così che la bolla non è più il giardino segreto degli amanti ma diventa una gabbia, un’angusta prigione, all’interno della quale i due che si amano consumano un teatrino drammatico di soprusi, violenze psicologiche, tirannie, aggiustando i conti ciascuno con il proprio passato e con i propri fantasmi. Sussiste un annullamento totale di se stessi in una storia, in un’altra persona.
La dipendenza affettiva è un quadro psicopatologico in cui il rapporto d’amore è vissuto come condizione stessa della propria esistenza. Gli individui affetti da dipendenza affettiva vedono nell’altro la fonte di ogni benessere e, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato, sono disposti a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio sé. L’importanza attribuita all’oggetto d’amore spinge il dipendente affettivo a preservare il rapporto <sentimentale> a tutti costi fino ad assumere un atteggiamento di assoluta <dedizione> adoperandosi affinché i bisogni e i desideri dell’altro vengano soddisfatti.
Questo atteggiamento è spiegato dal fatto che nella dipendenza affettiva la persona vive costantemente nell’ansia di poter perdere la persona amata, evento considerato insopportabile e inconciliabile con il prosieguo della propria vita. Si parla appunto di dipendenza affettiva (o dipendenza affettive) per sottolineare il fatto che, proprio come per le dipendenze da sostanze (ad es., droga o alcol), il soggetto non può rinunciare, pena <la crisi d’astinenza>, all’oggetto amato ma anzi, con il passare del tempo, richiede dosi di presenza o vicinanza sempre maggiori. È possibile elencare le caratteristiche della dipendenza affettiva, tenendo conto del contributo teorico di Giddens. Egli individua tre aspetti peculiari:
- L’ebbrezza: il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla reazione del partner, che gli è indispensabile per stare bene.
- La dose: il soggetto affettivamente dipendente cerca dosi sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e tangibili. Quando il partner non c’è, sente di non esistere e non è in grado nemmeno di pensare ad una vita in cui il partner non ci sia. In realtà questo modello di pensiero rivela un basso grado di autostima.
- Perdita dell’io: nella dipendenza affettiva esiste un alto rischio di perdita del sé, della propria capacità critica e quindi, a maggior ragione, della critica dell’altro, vissuto come irrinunciabile nutrimento. Il senso di perdita di identità è seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si percepisce qualcosa di distorto nella relazione con l’altro, che la dipendenza è nociva e che se ne vorrebbe fare a meno, ma la constatazione di essere intrappolati in un modello dipendente fa sentire indegni e quindi spinge ancora di più verso l’abbraccio dell’altro che accoglie e perdona, ben felice talvolta di possedere.
Secondo Giddens la dipendenza affettiva è una reazione difensiva ed una fuga, un riconoscimento di mancanza di autonomia.
Nella dipendenza affettiva questo percorso non viene completato tanto che l’individuo vive un perenne desiderio di fusione con l’altro.
Accanto a questo aspetto centrale si possono osservare altre caratteristiche tipiche dell’amore dipendente: è ossessivo; evita i rischi di cambiamento; è parassitario; richiede l’assoluta devozione dell’amato; è manipolativo e iperpossessivo; è geloso.
La dipendenza affettiva colpisce in tutte le fasce d’età. Sono uomini e donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che li gratifichi, si sentono inadeguati. Essi hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stessi e del loro diritto al proprio benessere e non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme. Vogliamo provare a dire basta a qualsiasi forma di dipendenza, anche quella affettiva: l’amore non è una schiavitù, non si può morire d’amore!
Bibliografia:
Daniel P. (2005), La dipendenza affettiva. Come riconoscerla e liberarsene, Paoline Editoriale Libri, Roma.
Deetjens M.C. (2009), Dire basta alla dipendenza affettiva. Imparare a credere in se stessi, tr.it, Edizioni il Punto d’Incontro, Vicenza.
Ghezzani N. (2006), Quando l’amore è una schiavitù. Come uscire dalla dipendenza affettiva e raggiungere la maturità psicologica, FrancoAngeli, Milano.
Guerreschi C. (2005), New addictions. Le nuove dipendenze. Internet, lavoro, sesso, cellulare shopping compulsive, San Paolo, Milano.
Guerreschi C. (2011), La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?, FrancoAngeli, Milano.
Norwood R. (2003), Donne che amano troppo, tr.it, Feltrinelli, Milano.
Peabody S. (2005), Addiction to Love: Overcoming Obsession and Dependency in Relationships, Celestial Arts, Berkeley.
Sitografia
www.dipendenzaaffettiva.com
http://affettivitaamore.altervista.org/dipendenza_affettiva-intervista_focus.html
www.siipac.it/it/patologie