l'autostima

Autore: Cinzia Noè

| 7 Gennaio, 2025

Il processo di costruzione della soggettività, fin dalla prima infanzia, si fonda su un centrale aspetto psicologico: l’autostima. Essa rappresenta la capacità del bambino di considerare il proprio Sé in maniera positiva e adeguata. L’autostima trae origine dalla percezione che il bambino ha di sé stesso, in una visione complessiva. 

Un’alta autostima, rappresenta una reale concezione di sé, accettando di avere mancanze e difetti, senza essere troppo severi nel valutarli. Un bambino che ha acquisito una positiva stima di sé è in gran parte soddisfatto della propria immagine ed è consapevole dei suoi punti di forza e di debolezza; egli lavora molto e con impegno per colmare le sue mancanze, con la fiducia di poter riuscire nella sua impresa. Inoltre, non dà un eccessivo peso a una sua eventuale sconfitta, come avviene, invece, per i suoi coetanei dotati di bassa autostima. Infatti, questi ultimi, preferiscono essere prudenti ed evitare situazioni rischiose, in cui sono richieste specifiche prestazioni, piuttosto che sopportare un insuccesso. Essi sono alla continua ricerca di un ambiente rassicurante e prevedibile, ma se da una parte sono meno soggetti a delusioni e fallimenti, dall’altra hanno poche possibilità di mettersi alla prova e sperimentare, così, di poter essere all’altezza, con un conseguente aumento dell’autostima (Di Mauro, 2002). I soggetti che possiedono una bassa autostima mostrano due tipi di atteggiamenti: dal comportamento di alcuni può trapelare il bisogno incessante di sentirsi capaci, dimostrare di saper fare a sé stessi e agli altri, che si traduce in un atteggiamento artificioso e poco spontaneo; altri, invece, tendono a chiudersi in sé stessi, diffidenti e paurosi nei confronti degli altri, poiché convinti che in qualsiasi momento saranno respinti (Pope, 2001).

I bambini, nel corso della loro vita, si trovano ad affrontare vari compiti, quali andare a scuola, misurarsi con gli altri, riconoscere i cambiamenti che avvengono nel proprio corpo. Per tale ragione, è possibile identificare l’autostima in quattro aree: sociale, scolastica, familiare, corporea e globale.

L’area sociale racchiude gli affetti, le emozioni del bambino in rapporto a sé stesso come amico di altri. Egli si domanda se i suoi compagni lo considerano simpatico, lo rendono partecipe dei giochi. L’area scolastica comprende le abilità che il bambino conferisce a sé stesso come studente. L’area familiare rappresenta i sentimenti che il bambino prova come membro della sua famiglia: è importante che si percepisca ben accettato e sicuro dell’amore e della stima di genitori e fratelli. L’area corporea riguarda l’unione tra l’immagine fisica e le abilità. Il bambino con una buona autostima, infatti, si sentirà appagato riguardo al modo in cui il suo corpo si presenta.

Infine, l’area globale include tutti gli elementi della propria personalità ed è una visione più generale del Sé.

Susan Harter (1983) ha elaborato un modello per spiegare le diverse tappe evolutive dell’immagine di sé nel bambino. Questo schema comprende tre elementi: il concetto di sé, l’autocontrollo, il senso di autostima. Il concetto di sé rappresenta il modo in cui il bambino si vede. Gli psicologi hanno compiuto degli studi per ipotizzare quali possano essere le cause delle discrepanze tra il concetto di sé delle diverse persone. Secondo gli psicologi Mead e Cooley, nella costruzione della persona, risulta essere importante il modo in cui si ritiene essere pensati, l’altro diventa così uno specchio da cui afferrare ciò che è significante per noi (Pope, 2001). In tal modo, se a un bambino viene ripetuto continuamente di essere ribelle e gli vengono prestate considerazioni solo in termini di rimproveri e punizioni, egli finirà per convincersi di essere tale. Ciò che sembra essere più rilevante è che il bambino, percependosi in questa maniera, inizi a mettere in atto comportamenti consoni al concetto di sé che gli è stato trasmesso, i quali susciteranno delle reazioni, da parte degli altri, tali da confermare l’immagine che si sono creati di sé stessi. Ecco allora che l’idea degli altri diviene una profezia che si autodetermina in attinenza al concetto di sé del bambino al suo comportamento (Merton, 1966). L’acquisizione dell’autocontrollo sembra essere un elemento di fondamentale importanza per lo sviluppo del bambino (Pope, 2001). Secondo Harter (1983) l’autocontrollo è strettamente connesso all’autostima; infatti un bambino in grado di gestire le proprie energie e le proprie manifestazioni emotive può sentirsi più capace e abile. Inoltre, un bambino che sa come rendere il proprio comportamento socialmente ammissibile e adeguato avrà maggiori opportunità di ottenere apprezzamento e stima dagli altri. I bambini dotati di un’alta autostima hanno anche un forte senso di efficacia personale e di controllo.

Nell’incrementare l’autocontrollo, la comunicazione verbale dei genitori è particolarmente rilevante perché il bambino col trascorrere del tempo deve conformare queste direttive e regole, al fine di gestire da sé il proprio comportamento, anche quando i genitori sono assenti. Infatti, anche in mancanza di una figura adulta, egli potrà guidare le sue azioni nel modo giusto, rivolgendo a se stesso parole o frasi che lo aiutino (Ad esempio: “Questo non si fa!”) (Pope, 2001).

Per valutare efficacemente l’autostima, occorre tenere ben presenti sia i successi o gli insuccessi, cui i bambini vanno incontro durante le prestazioni, e sia l’approvazione che gli è trasmessa dagli altri.

Una buona autostima è reputata di grande importanza nei bambini, perché è proprio durante l’età infantile che hanno origine le percezioni di sé presenti che influenzeranno quelle future. In questo periodo, grazie ad una continua positiva stima di sé stesso, il soggetto acquisisce un’abilità socio-emozionale, che lo prepara ad affrontare con fermezza le situazioni quotidiane e che sosterrà il bambino quando dovrà affrontare spiacevoli problemi futuri.

Un’autostima negativa è indicata come un aspetto legato a molteplici disturbi dello sviluppo; due di questi sono: i disturbi dell’attenzione, contrassegnati da impulsività e disattenzione, e i disturbi fobici correlati alle condotte di evitamento, una grave forma di ansia sociale. Sembra accettabile l’ipotesi che un’autostima positiva e solida possa, limitatamente, compensare alcuni problemi psicologici infantili, in modo da ridurre il livello di difficoltà e di ostacoli incontrati dal bambino. Ecco allora che, un bambino che si sente appagato, rispetto alla considerazione che ha di sé stesso, può contrastare più adeguatamente i problemi che gli si presentano davanti e, solitamente, giunge a contenerne le conseguenze negative. In aggiunta al fatto che l’autostima è un elemento necessario per il benessere mentale, occorre precisare che essa sembrerebbe legata ai successi scolastici.

L’autostima è, dunque, un elemento fondamentale del funzionamento globale di un bambino, infatti, essa è associata a varie aree della personalità, quali il benessere psicologico e il rendimento scolastico. 

Oggi la società è caratterizzata da un elevato indice di fallimenti scolastici precoci, per cui appare rilevante l’esigenza di porre l’attenzione sul processo di transizione del bambino dai contesti familiari a quelli scolastici e sui fattori legati al suo processo di adattamento in questa difficile fase di transizione (Pianta e Steinberg, 1992; Birch e Ladd, 1997). 

Appare interessante anche lo studio condotto da Pianta e Steinberg (1992) su un gruppo di bambini e sui loro educatori, al fine di comprendere il peso che la relazione educatore-bambino assume nell’inserimento scolastico. I risultati hanno mostrato che la relazione insegnante-bambino, così come percepita dall’insegnante, può influire sul comportamento dei bambini nei vari contesti. Dai risultati si è dedotto che il gruppo di bambini coinvolti in maniera positiva presentava comportamenti verso gli insegnanti che denotavano relazioni sicure: essi sostenevano le situazioni partecipando alle informazioni che venivano loro date con un adeguato livello di dipendenza e interesse positivo. Infine, dalle correlazioni tra le diverse misure di valutazione degli insegnanti e genitori, è risultato anche che i pattern di relazione insegnante-bambino erano connessi con il comportamento del bambino sia in casa che in classe.

E’ importante promuovere una collaborazione tra scuola e famiglia con l’obiettivo di favorire la consapevolezza di sé nel bambino o adolescente, la sua spontaneità e naturalezza, aiutarlo a costruire l’autonomia individuale. Il sostegno nella costruzione dell’identità durante lo sviluppo, il riconoscimento dei propri desideri distinguendoli da quelli altrui e la tolleranza delle frustrazioni sono compiti da assolvere in sinergia. Il ruolo degli insegnanti assume una valenza importante nel percorso di crescita individuale. E’importante che essi favoriscano una relazione educativa strutturante e protettiva, privilegiando il rinforzo dei comportamenti corretti degli individui ed evitando eccessive punizioni che, con il passare del tempo, possono portare all’avere una bassa autostima. 

Occorre stabilire delle chiare regole condivise e far emergere le potenzialità e le attitudini del soggetto, il quale possiede caratteristiche specifiche e diverse. L’insegnante dovrebbe sempre prendere in considerazione le componenti psicologiche relative ad ogni fase evolutiva. Ad esempio, l’età infantile è caratterizzata dalla massima potenzialità e sviluppo; l’età adolescenziale è rappresentata dalla ricerca di identità e autonomia.  La sensibilità psicologica di educatori ed insegnanti può aiutare ad entrare in empatia con i soggetti, riconoscendone le diverse emozioni e prendendo in considerazione gli avvenimenti critici nell’arco di vita di ciascuno di loro. Ognuno utilizza nella propria pratica lavorativa da un lato il proprio sapere e la professionalità e dall’altro una sempre più spiccata capacità procedurale (il modo in cui mette insieme sapere, compito e contesto). La sensibilità rappresenta numerosi aspetti, che non sono facilmente definibili e riconoscibili, quali: le predisposizioni individuali di base, al sistema di valori, ai tratti di personalità, all’ indirizzarsi verso un ideale e permettono all’individuo di agire con competenza, utilizzando al meglio le proprie conoscenze con l’obiettivo di trovare soluzioni efficaci ai problemi individuati. Lanzara esprime il concetto di sensibilità esistenziale e cognitiva nei confronti della realtà, che aiuta il professionista a comprendere i vari significati delle situazioni vissute dal soggetto e tutto ciò che non è immediatamente visibile. E’ una capacità prodotta dall’individuo, ma non per questo facilmente descrivibile, che gli permette di porre la giusta attenzione ad aspetti della situazione che, spesso, a causa della tensione performativa al risultato, non si riescono a vedere o apprezzare. In tal modo si possono mettere in atto risposte originali e adeguate ai contesti organizzativi e relazionali in cui si inseriscono.

In una relazione efficace, il bambino sente di poter contare sull’educatore, il quale mette in atto un comportamento mirato al soddisfacimento dei bisogni di competenza e autonomia del bambino (Bombi e Scittarelli, 1998).

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About the Author: Cinzia Noè

Dottoressa Cinzia Noè
Psicologa, iscritta all'albo degli Psicologi della Regione Sicilia. Educatrice professionale in ambito socio-psico-pedagogico. Master in insegnamento delle materie filosofiche e umanistiche.